“A un certo punto della mia vita mi sono trovata a un bivio: lasciarmi morire in una relazione violenta o rinascere, allontanandomi da casa”.
Nel suo nuovo laboratorio, Elsa accoglie ogni giorno decine di studenti che all’uscita di scuola acquistano il suo byrek. In un nostro recente incontro, ci siamo seduti a parlare un po’. Elsa è stata per tanto tempo vittima della violenza prima psicologica ed economica poi fisica del suo ormai ex marito. A trent’anni, dopo l’ennesimo episodio di violenza, ha deciso di rivolgersi all’associazione Tjeter Vizion di Elbasan. Ha chiesto di essere accolta presso il loro Centro, per il periodo necessario a svolgere tutti i procedimenti legali per il divorzio e la custodia dei suoi due figli che oggi hanno ventuno e diciassette anni.
“Poter avere con me i miei figli è stato fondamentale per trovare le energie necessarie a iniziare la mia nuova vita”.
Come il futuro di tante altre donne sopravvissute alla violenza, anche quello di Elsa era molto incerto. Non aveva una casa dove stare, né un lavoro. Nel rifugio di Tjeter Vizion, Elsa ha iniziato un percorso complesso e lungo che in principio le ha permesso di riacquistare la fiducia in se stessa e nelle proprie capacità.
“Il mio ex marito mi denigrava continuamente. Non mi lasciava libera di esprimere le mie capacità. Chiudeva ogni spazio ai miei bisogni e desideri. Non potevo lavorare e controllava tutto. Durante il periodo che ho passato con Tjeter Vizion, invece, ho compreso che potevo davvero fare tante cose e realizzare tanti sogni. Con le mie forze.” Elsa dice questo e sorride.
Dopo il primo periodo, è iniziato il suo cammino verso la reintegrazione. Ha frequentato un corso di cucina che le ha dato la possibilità di lavorare in alcuni ristoranti della città e guadagnare abbastanza per pagare l’affitto di un piccolo appartamento.
“Ricordo ancora il giorno in cui con i miei figli siamo entrati in quell’appartamento. Erano solo due stanze, ma per me era il segno reale che un nuovo inizio era finalmente possibile”. Questo è stato solo il primo passo.
Poco dopo, infatti, con i risparmi ottenuti Elsa è riuscita ad acquistare alcune semplici attrezzature usate. Si è messa in proprio e ha aperto una sua attività. Nel 2018 è entrata nel programma di sostegno alle imprese femminili previsto nel quadro del progetto “GEMAL – Gender Mainstreaming in Albania: con le donne contro la violenza e lo sfruttamento” – AID/010580 – co-finanziato dalla Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) e realizzato dalla ong CIES di Roma. Il progetto l’ha sostenuta nella ristrutturazione di un locale e nell’acquisto di macchinari nuovi e più moderni.
“Non potevo crederci. Tutti i miei sacrifici trovavano un significato. Creare un mio business con cui sostenere gli studi dei miei figli e anche realizzare qualche mio desiderio” dice con fierezza Elsa. “Ho comprato una macchina, esco con le amiche, vado in vacanza a trovare mio figlio che lavora in Grecia”.
“Oggi mi sento più forte e sono fiera di quello che ho costruito. Sono contenta di aver scelto la direzione giusta davanti a quel bivio quindici anni fa. E ora sono pronta ad aiutare altre donne a prendere quella stessa direzione” dice Elsa indicando Suela, che da qualche mese segue un corso di formazione presso il suo laboratorio.
Suela ha trovato in Elsa un importante punto di riferimento con cui condividere e superare la sua dolorosa esperienza. Il messaggio è chiaro: chiedere aiuto è il passo necessario per rompere il cerchio della violenza. Non perdere mai la fiducia in se stesse è lo strumento fondamentale per riprendere in mano la propria vita e farne qualcosa di migliore per sé e per gli altri.
Due giovani studentesse entrano nel negozio e si fermano al bancone: “Due byrek agli spinaci, Elsa. Grazie.”